Il riposo notturno è fondamentale per il benessere psico-fisico dell’organismo. Dato questo fondamentale assioma iniziale, è necessario poi comprendere come le dinamiche del sonno si ripercuotano su tutto il corpo, imparando a riconoscerne immediatamente ogni alterazione e tutelare, così, la salute.

Per quanto l’argomento sia ancora in parte da indagare, e sebbene esso ricada nella sfera della soggettività più intima di ciascun individuo, negli ultimi tempi la medicina è riuscita ad apprestare strumentazioni diagnostiche che permettono di “misurare”, in modo oggettivo, il buon riposo.

Cosa si intende per “sonno” e come esso influisce sulla salute

Il termine “sonno” deriva dal latino somnus, a sua volta tratto da una radice protoindoeuropea riscontrabile anche nel termine greco hypnos. Il sonno, dunque, apparterrebbe alla medesima categoria dell’ipnosi: uno stato diverso dalla veglia, contraddistinto da assenza di capacità cognitiva e movimenti volontari; una condizione di apparente inattività fisica e celebrale che risulta essenziale per il mantenimento della vitalità di tutte le specie animali.

Il riposo notturno avrebbe dunque una funzione principalmente ristoratrice, anche se, in verità, corpo e mente restano entrambi sempre attivi.

Sebbene ci sia da scoprire ancora molto, ormai risulta assodato come tale condizione derivi dall’alternanza di luce-giorno e buio-notte. Durante la notte, infatti, alcune funzionalità rallentano, mentre altre accelerano: il cervello, tramite l’attività notturna (che si concretizza nei sogni) collabora con gli organi della vista per rielaborare, selezionare e fissare le esperienze vissute; i tessuti delle ossa e dei muscoli si rigenerano e le ghiandole aumentano (o sospendono) la secrezione di alcuni ormoni fondamentali.

Il ciclo del sonno, come ogni funzionalità biologica del corpo umano, è scandito da fasi e stadi ben precisi: qualora tale “architettura” subisca alterazioni, possono comparire disturbi e disagi.

Fase N.R.E.M. e fase R.E.M.

Il sonno presenta una struttura ciclica, divisa in 4-6 cicli per notte, ciascuno di durata variabile tra i 90 e i 110 minuti circa e caratterizzato dalla presenza o meno di movimenti involontari dell’occhio (R.E.M., Rapid Eye Movements).

Il ciclo normale del sonno si divide in due fasi distinte, una non R.E.M. e una R.E.M.; di queste, la prima è suddivisa in 4 stadi: addormentamento (stadio 1), sonno leggero (stadio 2), sonno profondo (stadio 3), sonno profondo effettivo (stadio 4).

Ciascuno stadio ha durata e intensità variabili; tuttavia, oggi è possibile affermare che per prendere sonno, in condizioni ottimali, dovrebbero essere sufficienti 10-20 minuti.

La fase R.E.M., definita “fase dei sogni”, presuppone una frenetica attività cerebrale, in grado di elaborare immagini ben distinte e trame estremamente realistiche, che con più facilità si fissano alla memoria: in verità è ormai risaputo come i sogni siano prodotti durante tutte le fasi del sonno.

Sonno e ritmo circadiano

L’alternanza biologica sonno-veglia è, dunque, strettamente connessa con quella giorno-notte: è necessaria al corpo per mantenere costante la temperatura, ristabilire le funzionalità ormonali e sostenere le performance fisiche e mentali diurne. Il sonno, in definitiva, sincronizza l’uomo con l’universo, secondo quello che è definito ritmo circadiano (dal latino: circa, intorno e diem, giorno).

Per comprendere tali dinamiche è necessario sapere che nel cervello è presente una ghiandola, l’ipofisi, che produce melatonina (l’ormone del sonno), in reazione alla luce percepita dalla retina. Quando è giorno, l’ipofisi sospende la propria attività, mentre quando è buio accelera la secrezione, raggiungendo il picco massimo circa 5 ore dopo l’addormentamento (di solito tra mezzanotte e le 3).

La produzione di melatonina, poi, comincia a rallentare, in favore del cortisolo (l’ormone del risveglio), che raggiunge il proprio climax tra le 3 e le 6, accompagnando l’organismo al risveglio.

Questa ciclicità equilibrata non dovrebbe mai subire alterazioni, né interruzioni; qualora ciò accada e i sintomi persistano nel tempo, si parla ufficialmente di disturbo del sonno.

I principali disturbi del sonno

Risulta fondamentale, per prima cosa, contestualizzare ogni situazione: prima di diventare patologiche, infatti, le alterazioni del riposo presentano sintomi lievi o comunque non duraturi. Riuscire a riconoscerli subito, è fondamentale per gestire il problema.

Per quanto passibile di adattamenti, a livello medico viene riconosciuta una patologia del sonno quando il paziente presenti sintomi per almeno tre notti a settimana, per un periodo di almeno un mese.

Tali disturbi vengono definiti in base alla qualità e alla durata del riposo: alcuni soggetti fanno fatica ad addormentarsi; altri lamentano frequenti risvegli notturni e difficoltà a riprendere sonno; altri ancora, infine, si svegliano eccessivamente presto al mattino, annullando, di fatto, la sensazione di riposo.

Esistono, poi, numerose altre problematiche connesse al sonno, come, ad esempio, l’insonnia, le apnee notturne, il sonnambulismo e tutte le altre forme di parasonnie.

I fattori in grado di influenzare la qualità del sonno

L’insonnia è conosciuta anche come “sindrome delle 24 ore“. Questa definizione mette in evidenza quanto gli effetti del disturbo del sonno possano essere devastanti: si palesano la notte, ma si ripercuotono su tutte le attività del giorno.

I fattori responsabili della qualità del riposo sono i più svariati: si può trattare di fattori fisici, ereditari o familiari oppure di cause emotive connesse ad ansia e preoccupazioni (non a caso il cortisolo è conosciuto anche come ormone dello stress).

Le donne, tra le più colpite da questi disturbi, risentono pesantemente di ogni variazione ormonale: cicli mestruali, gravidanza, allattamento e menopausa combaciano spesso con importanti alterazioni del riposo.

Gli uomini, invece, possono accusare prostatiti e infiammazioni che determinano episodi di nocturia (bisogno di minzione durante la notte).

Ulteriori fattori di disturbo si rivelano la conseguenza di cattive abitudini di vita, come fumo, alcool, abuso di caffeina, scorretta alimentazione e uso continuativo di farmaci (alfa e beta-bloccanti, cortisonici, steroidei e antidepressivi).

Anche alcune malattie, come ipertensione e diabete, possono ripercuotersi negativamente sulla capacità di riposare e lo stesso vale per alcune attività fisiche che, sebbene fondamentali per la salute, se svolte di sera, possono danneggiare la capacità di addormentamento.

Oltre a tutto ciò, il ciclo normale del sonno può risentire del contesto esterno e ambientale: la scorretta disposizione della stanza, un’areazione non ottimale dell’ambiente e temperature eccessive. In camera da letto non si dovrebbero mai superare i 19°. La qualità del materasso e della biancheria da letto e, soprattutto, la presenza di rumori e luce. Se, infatti, quella naturale e soffusa favorisce il sonno, quella artificiale (in particolare, quella blu emanata dagli schermi elettronici) rende difficile il buon riposo.

La durata ottimale del sonno

Fino a qualche tempo fa, si sosteneva che fossero necessarie almeno 8 ore di sonno a notte. Oggi la medicina tende ad essere più elastica, asserendo come ogni individuo appartenga a un cronotipo diverso, con un differente fabbisogno di riposo che dipende, principalmente, dall’età, dal sesso e dal contesto sociale circostante.

Ciò che sembra certo è che trascorriamo, dormendo, molte più ore di quante crediamo, ovvero circa 1/3 della nostra intera vita. In generale, oggi, si sostiene che, per ristabilire al meglio le funzionalità biologiche, siano necessarie un minimo di 6 ore di sonno notturno continuativo.

Conseguenze del dormire male o poco

Le ripercussioni fisiche e mentali dovute alla carenza o alla scarsa qualità del sonno possono avere lieve entità e breve durata oppure aggravarsi e perdurare anche molto a lungo.

Nella maggiore parte dei casi, i primi sintomi sono stanchezza, astenia, difficoltà nel mantenere l’attenzione e disfunzioni mnemoniche; colpi di sonno, attacchi di panico, palpitazioni, irritabilità e depressione.

Nei casi più gravi, invece, sono la sfera emotiva e quella sessuale a essere maggiormente danneggiate; mentre, in altri, vengono colpite la vista e la pelle oppure possono comparire cefalee, vertigini e patologie intestinali.

Come combattere i disturbi del sonno

Fino a quando tali disturbi restano limitati, è possibile cercare di gestirli a livello domestico, modificando le proprie abitudini.

Sarà quindi necessario adeguare i propri ritmi biologici, mangiando a determinati orari e senza mai cenare oltre le 21 (orario di inizio della secrezione di melatonina), dando preferenza ai carboidrati e alle fibre per colazione e pranzo e alle proteine, per cena.

Una dieta sana ed equilibrata che favorisca il riposo dovrà poi prevedere olio extravergine d’oliva o di riso e, soprattutto, integratori a base di potassio e vitamina C (presenti anche nelle banane, nell’ananas e nelle arance).

Prima di coricarsi, sarà utile bere una tisana calda a base di melissa, camomilla o passiflora oppure disperdere nell’ambiente qualche goccia di olio essenziale di lavanda, fare un bagno caldo o leggere un libro.

Fondamentale è anche la posizione da assumere: quelle ritenute ottimali sono la posizione prona o fetale; inserire un cuscino ergonomico sotto le ginocchia, infine, potrà agevolare il mantenimento della postura corretta. Assolutamente sconsigliati, al contrario, l’utilizzo di dispositivi elettronici o le abbuffate di salumi, snack e cioccolato, prima di andare a dormire.

Un valido aiuto possono darlo gli integratori. Prima di tutto, è importante però sottolineare che qualsiasi decisione riguardo all’assunzione di integratori dovrebbe essere presa in collaborazione con un medico o un professionista sanitario come il farmacista di fiducia.

Vediamone alcuni:

  • Melatonina: è l’integratore più comunemente associato al sonno. La melatonina è un ormone prodotto naturalmente dal nostro corpo che regola il ciclo sonno-veglia;
  • Valeriana: è stata utilizzata come rimedio naturale per vari disturbi, tra cui l’insonnia, per secoli;
  • Magnesio: è conosciuto per il suo ruolo nella funzione neuromuscolare e può avere un effetto calmante che potrebbe aiutare a promuovere il sonno;
  • L-teanina: è un aminoacido presente nel tè verde che può avere proprietà rilassanti e potenzialmente utili per migliorare la qualità del sonno;
  • Camomilla: spesso consumata come tisana, la camomilla ha proprietà calmanti che possono aiutare a rilassare il corpo e la mente;
  • 5-HTP (5-idrossitriptofano): è un precursore della serotonina e può avere un ruolo nell’ottimizzazione dei ritmi sonno-veglia;
  • Passiflora: anche conosciuta come passiflora incarnata, può avere effetti sedativi che aiutano a promuovere il sonno;
  • Olio di CBD: mentre la ricerca è ancora in corso, alcuni studi suggeriscono che l’olio di CBD potrebbe aiutare a ridurre l’ansia e migliorare il sonno;
  • Triptofano: è un aminoacido essenziale che il corpo utilizza per produrre melatonina e serotonina, entrambi legati alla regolazione del sonno.

Quando è opportuno rivolgersi a uno specialista

Qualora una corretta igiene del sonno, associata all’utilizzo di integratori, non risulti sufficiente ad alleviare i disturbi e nessun miglioramento sia stato riscontrato nell’arco di due/tre settimane, è consigliato rivolgersi a uno specialista che, con tutta probabilità, effettuerà alcuni test diagnostici non invasivi per verificare la qualità del riposo e rintracciare le cause del problema.

In seguito alla diagnosi, ci si potrà rivolgere anche a psicologi e osteopati oppure seguire percorsi si agopuntura, riflessologia plantare o cronobiologia.

Recentemente l’A.I.M.S. (Associazione Italiana di Medicina del Sonno) ha promosso anche un progetto-pilota, dal titolo “Sveglia! Il sonno conta”, allo scopo di diffondere una più corretta cultura del sonno.