Il bruciore e l’acidità di stomaco sono fra i sintomi più diffusi del reflusso gastroesofageo, una patologia molto diffusa tra la popolazione senza distinzioni di sesso o di età. Scopriamo meglio di cosa si tratta, chi colpisce e perché, come riconoscerla dai sintomi e quali rimedi adottare per prevenirla e curarla.
Cos’è il reflusso gastroesofageo
Per reflusso gastroesofageo s’intende la risalita di materiale ingerito dallo stomaco all’esofago, il tubo che collega l’apparato gastrico alla bocca, con conseguente sensazione di retrogusto acido e aumento della salivazione.
Nella maggioranza dei casi questa condizione si verifica quando la valvola dello sfintere esofageo inferiore non si apre adeguatamente, respingendo indietro il cibo masticato.
Il reflusso gastroesofageo può essere indotto anche dalla presenza di un’ernia iatale, consistente nella parziale fuoriuscita dello stomaco mediante lo iato (apertura del diaframma). Tale fenomeno si manifesta con rigurgiti che possono essere più o meno gravi e frequenti.
Quali sono le cause del reflusso gastroesofageo
Le cause della malattia da reflusso gastroesofageo sono da ricercarsi principalmente in cattive abitudini alimentari e di vita, oltre che nell’abuso di fumo e alcolici, ma possono avere anche origine a livello di genetica o collegarsi ad anomalie funzionali dell’apparato digerente.
In genere, il reflusso gastroesofageo, detto anche reflusso gastrico, è provocato dal malfunzionamento dello sfintere esofageo che provoca la risalita di acidi e succhi gastrici. Si possono avvertire anche fitte nella regione posteriore dello sterno unitamente al classico “amaro” in bocca, tutti sintomi che non vanno minimizzati per non correre il rischio di una cronicizzazione della patologia.
Quali sono i sintomi del reflusso gastroesofageo
Il reflusso gastroesofageo è facilmente riconoscibile da una serie di sintomi che hanno origine differente.
Ad esempio, mentre il tipico rigurgito dal sapore acido è causato dal funzionamento difettoso della valvola dello sfintere, il bruciore tipico del reflusso gastroesofageo (pirosi) è dato dalla mancanza di un’adeguata barriera protettiva alle pareti della mucosa gastrica ed è spesso accompagnato da sintomi dolorifici.
In forma più acuta può verificarsi l’esofagite da reflusso, un fenomeno patologico che origina l’infiammazione dello stomaco e avviene per il contatto dei succhi gastrici con la mucosa esofagea.
Tra i sintomi più comuni si possono verificare anche dolore toracico, mal gola, tosse secca, eruttazioni frequenti, raucedine e abbassamento della voce, singhiozzo nausea, etc. Molti di questi sintomi vengono spesso scambiati per altre patologie.
Chi colpisce
Il reflusso gastroesofageo può manifestarsi a tutte le età e non fa distinzione fra uomini e donne. Se avete dei rigurgiti appena dopo mangiato non dovete subito allarmarvi perché, di solito, quel gusto acidulo scompare nel giro di pochi minuti senza dover ricorrere a farmaci specifici, magari con l’ausilio di una dieta alimentare più leggera e salutare. Lo stesso discorso vale anche per gli altri sintomi.
Se, però, la sintomatologia persiste e tende a presentarsi sempre più frequentemente, a prescindere dal modo di alimentarsi, si tratta di un disturbo da sottoporre all’attenzione del medico perché, se non trattata adeguatamente, la malattia da reflusso gastroesofageo può aggravarsi e dar luogo a ulcere o altre patologie gastriche.
L’impennata dei casi di soggetti affetti da questa patologia interessa la fascia anagrafica fra i 35 e i 45 anni, anche se ultimamente si è assistito al manifestarsi del reflusso gastrico in misura più massiccia anche tra i giovani e gli over.
Quali esami servono per la diagnosi
Una volta diagnosticata la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) vanno fatti gli esami clinici necessari a decretarne l’origine e il grado di gravità, solo successivamente sarà possibile assumere una terapia farmacologica su prescrizione medica.
In particolare, si consigliano analisi e indagini più approfondite in presenza di difficoltà a deglutire (disfagia), calo ponderale, inefficacia dei farmaci base e, in generale, quando i sintomi sono particolarmente gravi e persistenti.
Oltre alle analisi del sangue, il gastroenterologo può sottoporre il paziente a endoscopia, radiografia con bario per “fotografare” l’apparato digerente e manometria per rilevare il livello di pressione nell’esofago. Può, inoltre, ritenere necessario sondare lo stomaco con una gastro-duodenoscopia o, in alternativa, prescrivere una pH-metria esofagea/24 ore per verificare il tasso di acidità nell’esofago mediante l’inserimento nel naso di un tubicino dotato di sensori.
Come si cura la malattia da reflusso gastroesofageo
Nelle forme più lievi, il reflusso gastroesofageo può essere trattato anche soltanto con rimedi naturali, come l’assunzione di gel di aloe vera o di semi di finocchio. In alternativa ai rimedi della nonna si possono assumere farmaci da banco, anche prodotti di automedicazione, come antiacidi e alginati, dispositivi medici che contribuiscono alla formazione di una barriera protettiva delle mucose gastriche.
Nei casi più gravi occorre, invece, assumere farmaci ad azione inibitoria nei confronti del reflusso, come il Pantoprazolo o antagonisti dei recettori H2 che contrastano il rilascio degli acidi alla base del rigurgito.
In ultima analisi, si segnala la necessità dell’intervento chirurgico in caso di inefficacia dei medicinali o intolleranza ai farmaci. La chirurgia si prefigge di restringere la valvola esofagea e può essere praticata in laparoscopia o mediante l’impiego di nuove tecniche endoscopiche mininvasive.
È possibile prevenire il reflusso?
A meno che non sia dovuto a cause endogene, il reflusso gastroesofageo si può prevenire con qualche semplice accorgimento e sana abitudine. Ad esempio, è buona norma coricarsi due, tre ore dopo aver cenato per digerire senza “intoppi” che possono tradursi in rigurgiti notturni. Anche a tavola bisogna attenersi a qualche regola salutare, come evitare cibi pesanti o dal contenuto acido e dosare le giuste quantità soprattutto a cena, quando è consigliabile alimentarsi in modo più leggero. Per prevenire il reflusso gastroesofageo si suggerisce inoltre di seguire uno stile di vita sano e mantenere il proprio peso forma, limitando il consumo di thè, caffè, cioccolata, sigarette e cibi acidi.
Quali cibi sono vietati in caso di reflusso
Cosa mangiare per calmare il reflusso gastrico? Di certo una dieta mirata può aiutare a contrastarlo, evitando alcolici e cibi ad alto contenuto di grassi. Da limitare a tavola anche pietanze come fritti e intingoli. Altri alimenti nemici dello stomaco che possono causare i rigurgiti tipici del reflusso gastroesofageo sono i pomodori crudi e, in genere, le spezie come il curry, la noce moscata, il pepe e il peperoncino. Sconsigliate anche le bibite gassate, che fungono da “amplificatori” del reflusso.
Aumento del reflusso post Covid
Il reflusso gastroesofageo figura anche nella lista dei sintomi legati al cosiddetto long Covid. Con questa definizione si fa riferimento a una sindrome clinica, i cui effetti sono ancora in corso di studio, che interessa chi si è ammalato di Coronavirus. Da statistiche e studi scientifici è emersa una correlazione fra l’aver contratto l’infezione virale da Covid-19 e la successiva comparsa di sintomi riferibili a diverse patologie, fra cui appunto la malattia da reflusso gastroesofageo.